Scopri cosa prevede la legge per i lavori interni: quando serve la CILA, cosa rischi senza permesso e perché non sempre è obbligatoria la demolizione.
INTRODUZIONE
Nel mondo dell’edilizia domestica, anche i piccoli lavori possono sollevare grandi dubbi.
Spostare una parete interna o modificare la distribuzione dei vani, ad esempio, può sembrare un intervento banale, ma la normativa distingue con precisione cosa è lecito e cosa rientra nell’abuso edilizio.
Una recente decisione del TAR Lazio ha chiarito che non sempre è necessario demolire ciò che è stato realizzato senza autorizzazione, soprattutto se l’opera non incide sulla struttura dell’edificio.
I TITOLI ABILITATIVI: COME CAPIRE QUALE SERVE
Il D.P.R. 380/2001, testo unico dell’edilizia, stabilisce quattro principali titoli abilitativi:
• CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata) – per modifiche interne che non toccano le parti strutturali;
• SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) – per lavori più complessi che interessano strutture o prospetti;
• SuperSCIA – alternativa al Permesso di Costruire per interventi regolati da strumenti urbanistici approvati;
• Permesso di Costruire (PdC) – richiesto per nuove costruzioni o trasformazioni che modificano volume, sagoma o destinazione d’uso.
Esistono inoltre i lavori di edilizia libera, per i quali non è necessaria alcuna comunicazione.
LA SENTENZA DEL TAR LAZIO: IL CASO DEI TRAMEZZI INTERNI
Il caso esaminato dal TAR Lazio riguardava un edificio con vari lavori non autorizzati:
soppalchi, verande, aperture nel tetto e modifiche interne.
Il Comune aveva ordinato la demolizione completa, ma il proprietario ha contestato l’atto sostenendo che i tramezzi interni non alteravano la struttura portante.
Il tribunale ha accolto parzialmente il ricorso, distinguendo tra opere strutturali, che restano abusive e devono essere rimosse, e opere interne, come i tramezzi, che non incidono sulla stabilità e quindi non richiedono il permesso di costruire.
QUANDO BASTA LA CILA E COSA SI RISCHIA SENZA
Per la modifica di pareti interne non portanti è sufficiente presentare una CILA.
Se questa comunicazione manca, la legge prevede solo una sanzione amministrativa, non la demolizione dell’opera.
Il riferimento è l’articolo 6-bis del D.P.R. 380/2001, che disciplina gli interventi di manutenzione straordinaria privi di rilevanza strutturale.
Questo significa che, nel caso di una semplice redistribuzione degli spazi, non si parla di abuso edilizio grave, ma di una violazione formale sanabile con il pagamento di una multa.
NON TUTTI GLI ABUSI SONO UGUALI
La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la gravità dell’abuso dipende dagli effetti dell’intervento.
Un’opera che modifica volumi, prospetti o elementi strutturali richiede permessi specifici;
al contrario, un tramezzo non portante rientra nella manutenzione straordinaria e può essere regolarizzato senza demolizione.
Inoltre, bisogna considerare che in alcuni casi i tramezzi possono contribuire alla stabilità complessiva dell’immobile.
In tali situazioni è necessario un progetto tecnico per garantire la sicurezza e prevenire danni a terzi.
UN APPROCCIO PIÙ EQUILIBRATO
La decisione del TAR Lazio rappresenta un passo verso una maggiore proporzionalità delle sanzioni edilizie.
L’obiettivo è evitare misure eccessive per irregolarità minori, tutelando al contempo la sicurezza e la legalità del patrimonio edilizio.
Chi realizza piccoli lavori interni senza titolo non deve essere trattato come chi altera la struttura o amplia un edificio.
Il diritto urbanistico, insomma, comincia a riconoscere la differenza tra errore formale e abuso sostanziale.
CONCLUSIONE
In sintesi, spostare un tramezzo interno non strutturale non richiede permesso di costruire, ma solo una CILA.
Se non viene presentata, si rischia una multa, ma non la demolizione dell’opera.
Una distinzione importante per chi ristruttura casa, per i tecnici e per le amministrazioni locali.
Comprendere le differenze tra i vari titoli edilizi consente di lavorare in regola, evitare contenziosi e risparmiare tempo e denaro.
La parola chiave è proporzionalità: sanzionare dove serve, ma senza punire eccessivamente chi interviene sulle sole pareti interne.